Ospite del Marettimo Italian Film Festival, l'attrice Maria Grazia Cucinotta è stata ospite di un incontro/omaggio a Massimo Troisi ed ha risposto ad alcune nostre domande su Il postino, uscito al cinema nel lontano 1994.
Rivedere oggi Il postino è un'esperienza toccante, in parte per il essere il film testamento di Massimo Troisi, che non lo vide mai completato, e in parte per l'anima poetica che il film conserva intatta a distanza di 30 anni. L'attore lesse il romanzo dello scrittore cileno Antonio Skármeta intitolato "Ardente paciencia" del 1985, poi ripubblicato come "El cartero de Neruda" (da cui il titolo italiano "Il postino di Neruda", e si adoperò per acquistarne i diritti cinematografici. Diretto da Michael Radford, con la collaborazione dello stesso Troisi, il film fu presentato alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia ed uscì nelle sale italiane il 22 settembre 1994. Ottenne cinque nomination all'Oscar vincendo la statuetta per la colonna sonora di Luis Bacalov.
È una storia che mette in scena le uniche cose che danno valore a una vita: amicizia, emozioni, malinconia, amore e sensualità. Ambientato nel 1952, il film racconta dell'animo gentile di Mario Ruoppolo che trova ispirazione grazie a Pablo Neruda, interpretato da Philippe Noiret, ed esprime se stesso attraverso la poesia grazie a una musa locale di nome Beatrice, che ha il volto di Maria Grazia Cucinotta. Ospite del Marettimo Italian Film Festival che si è appena concluso dopo sei giorni di sull’incontaminata isola delle Egadi, proprio per un omaggio che la manifestazione ha organizzato per Troisi, l'attrice (nella foto in alto di Piero Lazzari) ha risposto ad alcune nostre domande sulla ricorrenza de Il postino.
Qual è il tuo indelebile ricordo legato all’esperienza sul set de Il postino?
Mi ricordo in particolare la scena della pallina che aveva voluto girare Radford, non prevista dal copione durante la quale volevano farmela rotolare sul corpo. A un certo punto però scivolava in continuazione, non riuscivo a farla girare. Questa pallina era diventata la protagonista del set. Un intero giorno per farla roteare sulla pelle. La scena poi fu tagliata, perché per Massimo doveva essere tutto molto sensuale, molto vero, non ci doveva essere niente di erotico nel film.
Cosa ti colpì maggiormente di Troisi artista e di Troisi essere umano?
Tra l'essere artista e l'essere umano non ci sono distanza. Massimo sul set non era diverso, i suoi personaggi, quando li interpretava, erano molto vicini al suo modo di essere. Il modo di parlare, di essere non si discostava dal suo quotidiano. Era se stesso. Per questo era unico, inimitabile. Chiaramente, quando recitava, seguiva il copione ma non c'era tanta differenza nella vita. Era disarmante perché era di una semplicità e di una verità assoluta. Era in grado di farti sentire subito a tuo agio. Ti faceva sentire perfetta, anche se perfetta non eri. Anche se la perfezione per lui non esisteva. Credeva nell'unicità della persona, ognuno unico e inimitabile proprio in quanto imperfetto. Oltre che qui a Marettimo abbiamo di recente aperto il Festival di Roma con le serate romane (arene per valorizzare luoghi più inconsueti). All'Acquedotto romano c'erano 1600 persone, forse più, e quella, secondo me, è una risposta. Le persone si emozionano dopo trent'anni perché le emozioni non hanno età. Come quando si ascolta una canzone di Lucio Battisti, di Mina o di Mia Martini: ti emozionava quando è uscita e continua a farlo anche ora, nonostante il tempo e nonostante il passaggio generazionale. I giovani, lo vediamo, tornano oggi ad ascoltarli questi brani perché sono fatti di cose semplici e la semplicità dura per sempre, non ha un tempo limitato.
Secondo te a distanza di trent’anni il film mantiene intatto il suo valore narrativo? Dove possiamo trovare oggi quella poesia e quel romanticismo che hanno reso unico il film?
Lo ritrovi nelle persone vere, lo ritrovi nei giovani. Occorre abituare i ragazzi a non vergognarsi di essere buoni, emotivi. Ai nostri giorni è quasi visto come un difetto, una debolezza. Invece no. È una grande fortuna perché comunque ti rende molto più sensibile alla vita ma, soprattutto, te la fa apprezzare al cento per cento. Chi è emotivo, chi è sensibile soffre in quanto tale, però quella sensibilità poi ripaga perché aiuta ad apprezzare tutto ciò che ci circonda, a vedere quello che gli altri non vedono. C'è un po' di confusione fra i ragazzi perché il "buono" viene visto come il perdente e il "cattivo" come un eroe. Invece è tutto il contrario. E, alla lunga, si ha bisogno delle persone che non schiacciano la vita degli altri. Bisogna supportarsi perché noi siamo energie che hanno bisogno gli uni degli altri per fortificarsi.
Qui sotto il trailer de Il postino.